martedì 23 febbraio 2016

Le interviste (5) - Simone Lazzari (scrittore)

LE INTERVISTE (5)
SIMONE LAZZARI
(intervista a cura di Matteo Pugliares)


Oggi,  sono in compagnia di Simone Lazzari, autore di “I SEGRETI DI RUE DE BOURG 66” pubblicato da Edizioni Creativa.
Ciao Simone, benvenuto nel mio blog. Ti va di presentarti?
Ciao Matteo, grazie per questo invito; si, sono l’autore di “I segreti di Rue de Bourg 66” e mi chiamo Simone Lazzari. Proverò a presentarmi; la mia vita è stata molto operosa dal punto di vista intellettuale e artistico guardando già alla mia irrequieta adolescenza, periodo che ha visto nascere dentro di me la passione per la letteratura. In seguito si sono aggiunti anche gli aspetti professionali. Ho iniziato a lavorare dopo il diploma di maturità, affrontando i lavori più umili. Un’esperienza che parte dal mondo dell’industria per giungere ora a quello dei servizi alle aziende; vent’anni di lavoro importanti, ai quali devo molto. Oggi sento di essere un grintoso, ottimista e indisciplinato giramondo; ogni giorno mi sveglio e penso ai miei progetti come se avessi davanti cent’anni di vita. Da Lecco, la mia città d’origine, le mie scelte mi hanno portato a continui spostamenti: nove anni a Torino, altrettanti a Rimini ed un’altra manciata a Roma; questi spostamenti sono stati conditi, nel mezzo, da altri viaggi in tutto il mondo. A breve mi trasferirò in modo stabile nel Regno Unito per lanciarmi in nuove sfide. Come dico spesso: “una vita con la valigia in mano”. Quando la gente mi domanda: “Simone, di dove sei?”, io non so più cosa rispondere; confesso però che mi piace così. Non potrei immaginare che il mio tempo si consumi in una routine priva di prospettive. La vita stessa cambia nel corso del tempo, ma io amo giocare d’anticipo e causare i cambiamenti, amo decidere e guidare ogni cosa che mi riguardi. Devo dirti una cosa importante: negli ultimi anni sento anche una voce interiore che continua a dirmi questa frase: “Muoviti Simone, combina qualcosa!”. Dopo una breve pausa mi dice: “Che sia qualcosa di grandioso!”. Questa voce interiore mi chiede di scrivere più di un romanzo: mi ricorda di scrivere ogni giorno la storia della mia vita e mi chiede di farlo con impegno. Il lavoro e i rapporti umani sono i contesti di partenza, che richiedono la cura di ogni dettaglio. Mi arrabbio quando vedo tanta approssimazione nelle varie professioni. Ogni cosa deve essere fatta a regola d’arte, come se la si stesse facendo per una persona che sia ama.

Il tuo romanzo è stato appena pubblicato. Ce ne parli?
Mi sono accorto che sono più bravi gli altri, i lettori intendo, a presentare il mio romanzo. Amo ascoltarne i commenti ed è incredibile quando menzionano aspetti e concetti che non eri certo di aver fatto giungere al destinatario; in quel momento ti accorgi di esserci riuscito e provi tanta soddisfazione. Alcuni scrittori recitano la parte degli “artisti fuori dal mondo”, che scrivono per sé stessi e non interessati ai giudizi degli altri. Io non ci credo. Noi tutti viviamo di consenso ed il consenso dei lettori, a chi scrive, interessa sempre; certo, non si può piacere a chiunque e anche questo va compreso e accettato.
Tornando dunque alla tua domanda sul romanzo, quando mi chiedono di cosa si tratti, rimango in silenzio e sospirando mi viene la tentazione di rispondere: “Dai forza, leggilo!”. Del resto io almeno mi sono impegnato a scriverlo. Replicare in questo modo è comodo e un po’ caustico, seppure aderente al mio stile; però tengo all’opinione dei lettori e anche ad annoverarne di nuovi, quindi devo provare a dire qualcosa di più! È una storia molto semplice. Mi piace dire che è la vita stessa, con le sue più note difficoltà e vicende interpretate da personaggi comuni; siamo tutti presenti nel romanzo, soprattutto con i nostri difetti. Troviamo il ricco e il povero, l’invidioso, l’arrivista, la moglie infelice e il marito prepotente, troviamo la nostra stessa persona con sogni e speranze e non mancano le nostre battaglie quotidiane. Troviamo tutto ciò a cui siamo abituati, inclusa quella sensazione di vuoto che talvolta ci assale e una felicità che fatica a sbocciare. Nel corso della storia scopriamo che ogni uomo ha qualcosa per cui soffrire e che non abbiamo bisogno di invidiare l’apparente felicità degli altri; gli altri piuttosto, diventano i nostri compagni di viaggio, alleati preziosi in un mondo difficile. La trama si fa ben presto un po’ bizzarra e con qualche colpo di scena, si risolve in un piccolo miracolo finale che fa un po’ sperare e un po’ sognare. Così come specifico in una nota introduttiva al romanzo, i miracoli sono qualcosa di semplice, così semplice che il più delle volte non li si riconosce neppure. Un miracolo non è un gioco di prestigio, bensì la nostra stessa capacità di cambiare ora, con piccoli gesti, la nostra vita e quella degli altri. Negli ultimi capitoli in tal senso emerge un messaggio illuminante, ma un lettore poco paziente o distratto potrebbe non coglierne l’importanza.

Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Avevo dieci anni e stavo passeggiando con mia madre per le vie più centrali di Lecco, la mia città d’origine. Nella vetrina di una libreria vidi un saggio riposto su uno scaffale con ritratto il volto di un uomo; scoprii in seguito che era il volto di Hermann Hesse in età matura, solcato da innumerevoli rughe espressive e carico di energia positiva. Quel volto mi trasmetteva sicurezza, era come se quell’uomo mi stesse guardando dritto negli occhi per comunicarmi qualcosa di importante. Non ero mai stato attratto dai libri prima di allora. Chiesi a mia madre di comprarlo e… la mia vita cambiò! Ero soltanto un bambino ma quel saggio fu catalizzatore di una serie di processi interiori.
Dopo la prima lettura, lessi ben presto tutto quanto vi potesse essere di tradotto in lingua italiana di Hermann Hesse. Da lì si ramificarono in seguito altre scelte, mi avvicinai a Goethe, Kafka, Dickens, Manzoni, ma rimanendo pur sempre rigidamente circoscritto ai classici della letteratura. Fu così che anche il desiderio di scrivere mi travolse, come spesso accade ai lettori accaniti. Ero molto giovane ed iniziai ispirandomi a questi grandi maestri. Quando si inizia a scrivere e si è ragazzini, spesso le prime stesure sono emulazioni volenterose. Scrivevo lettere, pagine di diario, tentativi di romanzo che divennero racconti più o meno brevi. La cosa più importante però non era quanto o come scrivessi ma piuttosto come iniziai a sentirmi, come iniziai a percepire me stesso: in quel momento sapevo di non poter essere altro che uno scrittore. Con precoce intuizione compresi proprio a quel tempo che qualsiasi professione non avrebbe mai potuto ben rappresentare la mia vera identità come quella dello scrittore; fu una vera e propria vocazione, quelle cose che si sentono nel petto, simile all’amore per le donne o a ciò che immagino provino i seminaristi per Dio. 

Viviamo in un paese, l’Italia, sempre agli ultimi posti in Europa per numero di lettori. Cosa potrebbe essere utile, a tuo parere, per incentivare la lettura?
Credo che non esistano rimedi o iniziative che possano cambiare questi dati. Esistono dei motivi e andrebbero indagati con spirito scientifico, compresi e rispettati; ma anche questo non servirebbe a cambiarne il risultato. Sono molte e differenti le ragioni che portano le persone a non leggere; si può dire in generale che abbiano scelto più o meno passivamente di non farlo: la vita e i media hanno generato la loro oziosa posizione mentale. Vincono su di loro tutti quei sistemi che non richiedono partecipazione attiva; meccanismi come quelli degli elettrostimolatori per i muscoli del corpo: niente sport, ti siedi e le scosse elettriche dovrebbero fare al tuo muscolo ciò che tu non hai voglia di fare allenandoti. Ecco: senza addentrarci in analisi troppo complesse, io dico che la cosa grave è questo ozio mentale. Accade poi che chi non legge, non pensa neppure e un popolo che non pensa è un popolo privo di libertà: questo è il problema fondamentale alla fine, non la crisi delle case editrici! Forse dunque, per incentivare la lettura bisognerebbe far comprendere con pazienza che un uomo che legge e decide in autonomia ciò che vuole leggere è un uomo libero. Io lavorerei sui giovani, sui bambini; a partire dalle scuole elementari potremmo spiegare ai bambini che la loro libertà è il valore più importante su cui si andrà a fondare la loro vita e che leggere e acquisire una capacità critica è in tal senso imprescindibile.

Progetti di “scrittura” per il futuro? Altri libri vedranno la luce?
Per il futuro? Certo, anzi, anche per il presente! Sto lavorando ad un romanzo che si riallaccia a “I segreti di Rue de Bourg 66”.  Non è un vero e proprio sequel ma c’è una certa coerenza e continuità concettuale tra le due opere. Sto provando a costruire il tutto in modo da appagare i lettori affezionati al primo, che troveranno alcune risposte importanti in questa seconda opera, ma pur costruendo un romanzo che possa venir letto senza necessariamente conoscere “I segreti di Rue de Bourg 66”

Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Potrei parlare ore di questo argomento. Da ragazzino amavo solo i classici della letteratura tedesca e inglese, nonché il nostro grande maestro italiano: Alessandro Manzoni. Ero anche piuttosto rigido e critico. Crescendo ho imparato a spaziare a rendere più grezzo e popolare anche il mio gusto. Soprattutto, direi, sono cambiato e così i miei gusti letterari insieme a me: sono diventato un lettore egoista. Ho iniziato anche a leggere ed abbandonare un romanzo quando ritenevo che mi avesse dato uno spunto sufficiente per immaginare, creare, fantasticare per mio conto. Oggi cerco intesa mentale con l’autore, cerco spunti per andare a mia volta oltre i concetti stessi che leggo. E’ un po’ complicato forse da spiegare, ma non è un modo tradizionale di affidarsi alla lettura.  In generale comunque vorrei dire che quando ero un adolescente apprezzavo autori con un linguaggio forbito e uno stile espressivo raffinato. Oggi preferisco autori con un linguaggio popolare, forte e con sapiente volgarità; queste abilità sono molto rare però. Non è semplice calibrare la giusta dose di volgarità espressiva, che possa intrattenere, divertire e narrare con un certo verismo, senza però offendere o disgustare i lettori. Oggi cerco e ammiro autori di questo tipo e forse io medesimo vorrei essere proprio così. Amo uno stile semplice e disinvolto; il lessico forbito mi nausea.

Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con Edizioni Creativa?
Edizioni Creativa è un editore speciale. Inutile che io racconti le innumerevoli esperienze o approcci negativi con altri editori. Edizioni Creativa mi è sembrato, sin dai primi contatti, un editore di altri tempi per certi aspetti. Ciò che mi ha sedotto maggiormente però di questo Editore è la chiara e diretta sensazione che ho provato anche conoscendo il direttore Gianluca Ferrara e Fabiola D’Agostino: sono persone libere! Persone libere fondano una casa editrice libera. In tal senso ritengo che “Dissensi – Edizioni Creativa” sia un esempio degno di grande stima nel panorama dell’editoria italiana. Inutile aggiungere molti commenti, un editore libero è l’editore che fa per me. 

Di là della scrittura, hai altri progetti?
Si, molti; anche troppi direi. Ho progetti che riguardano il mio lavoro, la scrittura e anche un grande sogno. Qualcuno dice che se si mette una data vicino ad un sogno, questo diventa un obiettivo. Io l’ho fatto. Mi sento come un grande camion con i freni di una bicicletta! Ho tanta energia ed entusiasmo. Tra pochi giorni mi trasferirò nel Regno Unito e avrò nuovi spunti e progetti che invaderanno con forza la mia vita privata, professionale e la mia grande passione: la scrittura.

Infine, com’è che hai deciso di accettare questa intervista per il mio blog, visto che lo leggono solo i miei amici?
Magari hai centinaia di migliaia di amici e questo gioverà alle vendite del mio romanzo! Ah ah! Lasciami scherzare un po’ Matteo…
È un piacere e un onore che i tuoi amici leggano la mia intervista; anzi, colgo l’occasione per ringraziarli. Sono queste interazioni che tengono vive le menti delle persone, che creano continui stimoli, che fanno vivere in modo attivo ed alimentano il confronto.  Quando ti ho conosciuto ho sentito una certa affinità dialogando con te; anche questo è stato importante.
Un sentito ringraziamento per questa intervista e a molto presto!

venerdì 19 febbraio 2016

Le inchieste del Pugliares (n°3): Sanremo… non è vero che hanno vinto gli Stadio

LE INCHIESTE DEL PUGLIARES (N°3)
SANREMO... NON E' VERO CHE HANNO VINTO GLI STADIO
(nella foto, io travestito da Carlo Conti)


Niente è come sembra… Niente… compreso Sanremo.
Ho fatto credere a tutti che del festival canoro non me ne importasse nulla, ma era tutto un diversivo per non farmi notare. Non l’ho certo visto seduto in poltrona comodamente come avete fatto voi. Il vostro umile cronista d’assalto ha deciso di fare le cose per bene.
Ho accoppato Carlo Conti (detto “stracotto quasi bruciacchiato”) e mi sono sostituito a lui. Certo non è stato facile, ho dovuto perdere tanti chili in poco tempo e ho speso un patrimonio per comprare del colore nero per dipingere la faccia ma ce l’ho fatta.
Ve lo dico subito: Sanremo non l’hanno vinto gli Stadio ma Virginia Raffaele. Semplicemente straordinaria. E chi non è d’accordo, gli do un pugno.
Evito di fare troppi commenti su Nino Frassica, Dolcenera ed Elio perché, lo riconosco, ho dei preconcetti (positivi però) nei loro confronti. Elio e le Storie tese: genialità. Di Dolcenera sono innamorato. Nino Frassica, dopo aver visto il film “Il bi e il ba” (regia di Maurizio Nichetti), per me può fare quello che vuole perché è un mito (e a chi non ha visto il film, gli do un pugno in faccia). E nel caso specifico ha ragione Frassica: a mare si gioca!
Veniamo a quegli str… ehm… strabravi del trio IL VOLO che si permettono di elargire consigli a destra e a manca, dimenticando che a Sanremo c’era gente che calca i palcoscenici dai tempi di Tutankhamon (per esempio Patti Pravo). Meno male che sono sempre in tour in giro per il mondo perché se li incontrassi per strada… un pugno in faccia.
Dopo l’esibizione di Ezio Bosso, commentavo la stessa esibizione con un amico, con le lacrime agli occhi per la commozione. Poi mi sono ricordato che avevo posteggiato l’auto sopra lo scivolo dei disabili (come faccio ogni giorno) e non mi sembrava carino almeno per quella sera. Continuerò ad avere 364 giorni l’anno per fregarmene dei disabili.
E di Cristina d’Avena ne vogliamo parlare? Voi non lo sapete ma dietro le quinte le ho dato un pugno per aver cantato delle sigle di cartoni animati che esistevano prima di lei. Quando guardi un cartone e scopri che hanno cambiato la sigla puoi rimanere traumatizzato. Qualcuno doveva pur dirglielo.
Una delle sere sono andato nel camerino di Gabriello Garko che, dopo aver compreso di non essere capace di fare l’attore, ci ha provato con Sanremo scoprendo la stessa cosa. Era triste e mi sono sentito in dovere di trovargli un lavoro. La settimana prossima comincia a lavorare nell’orto del nostro convento. Per la serie: braccia rubate all’agricoltura.
Tra un cantante e l’altro, tra un ospite e l’altro, nelle mie ricerche sanremesi cosa vengo a scoprire? Che Francesca Michelin, sì parlo della seconda classificata, in realtà si chiama Francesca Vattelappesca. Una famosa marca di pneumatici le ha dato 1 milione di euro per cambiare il cognome e farsi pubblicità. E a chi non mi crede gli do un pugno.
Stavo quasi per dimenticare le canzoni… le ho ascoltate tutte… e, come sempre, a parte due o tre non mi sono piaciute. Avrei voluto commentarle tutte per i 12 lettori del mio blog e continuare a dirvi altro anche sul resto, oltre che sulle canzoni in gara. Il fatto è che mentre scrivo mi sono ricordato che oggi è il compleanno di Fabrizio De Andrè e ho un impellente bisogno di ascoltare almeno un paio di sue canzoni per accarezzare le mie orecchie dopo tanta violenza cui le ho sottoposte.
Vi do appuntamento alle prossime inchieste. Nel frattempo, mando un caro abbraccio a tutti voi… ma anche un pugno.
(Matteo Pugliares)

lunedì 15 febbraio 2016

Le interviste (4) - Gian Piero Ferri (scrittore)

LE INTERVISTE (4)
GIAN PIERO FERRI (SCRITTORE)
(intervista a cura di Matteo Pugliares)


Oggi,  sono in compagnia di Gian Piero Ferri, autore di “IO SONO MATTEO – la verità è la via” pubblicato da Fefè Editore.
Ciao Gian Piero, benvenuto nel mio blog. Ti va di presentarti?
Ciao Matteo. Volentieri. Sono un maestro di arti marziali e insegno a scuola.

Ci parli del tuo libro “Io sono Matteo”?
Il libro nasce dall’idea viva e fertile che ho del bene e dell’amore e si realizza in un viaggio nella fede e nell’amicizia. Suggerisco di leggere questo racconto di vita, maturato nella mia faticosa crescita spirituale, ad alta voce.

Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Fin da bambino la fede ha preso corpo nella scrittura.

Viviamo in un paese, l’Italia, sempre agli ultimi posti in Europa per numero di lettori. Cosa potrebbe essere utile, a tuo parere, per incentivare la lettura?
Oggi l’immagine passa prima della scrittura, quindi bisogna rendere questa efficace quanto quella attraverso la scelta di parole vive e vere.

Progetti di “scrittura” per il futuro? Altri libri vedranno la luce?
Certo. È in fase di pubblicazione il terzo libro e in lavorazione il quarto.

Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Amo i libri che raccontano il vero e l’umano, nei classici ritrovo tutto questo.

Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con Fefè Editore?
Amici fraterni oltre che editori, quantum satis.

Di là della scrittura, hai altri progetti?
La vita.

Infine, com’è che hai deciso di accettare questa intervista per il mio blog, visto che lo leggono solo i miei amici?
Perché sei un grande e il tuo nome è inciso su pietra come nel mio cuore.
Maestro Ferri.




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lunedì 8 febbraio 2016

E adesso mi denunci Onorevole...

E ADESSO MI DENUNCI ONOREVOLE...
 Ho appena finito di cenare... chissà se l'onorevole Vinciullo potrà farlo stasera. Forse si ma solo perchè siamo ancora all'inizio del mese.
E si, caro onorevole (si fa per dire), sono tra quelli che continuano ad essere ironici, nonostante la sua "minaccia" di denunciarci tutti (tanto su internet rimane tutto).
Mi denunci pure, se vuole. Io magari finisco in galera (dove da mangiare qualcosa me la daranno), lei invece continuerà ad avere problemi ad arrivare a fine mese e, soprattutto, ad essere ricordato come uno che dopo aver detto delle frasi quantomeno infelici, invece che scusarsi ci minaccia tutti.
Come la stragrande maggioranza dei politici, lei vive su un altro pianeta, altrimenti non si sarebbe mai sognato di dire cose del genere.
Infine, perdoni l'ardire, mi auguro con tutto il cuore che, a qualsiasi competizione elettorale futura dovesse partecipare (compresa un'eventuale elezione di condominio), lei non prenda nemmeno un voto poichè se ancora le rimane la dignità, il voto non se lo darà nemmeno lei.
E adesso, mi denunci pure e si stia bene.