SIMONE LAZZARI
(intervista a cura di Matteo Pugliares)
Oggi,
sono in compagnia di Simone Lazzari, autore di “I SEGRETI DI RUE DE BOURG
66” pubblicato da Edizioni Creativa.
Ciao Simone, benvenuto nel mio blog. Ti va di presentarti?
Ciao Simone, benvenuto nel mio blog. Ti va di presentarti?
Ciao
Matteo, grazie per questo invito; si, sono l’autore di “I segreti di Rue de
Bourg 66” e mi chiamo Simone Lazzari. Proverò a presentarmi; la mia vita è
stata molto operosa dal punto di vista intellettuale e artistico guardando già
alla mia irrequieta adolescenza, periodo che ha visto nascere dentro di me la passione
per la letteratura. In seguito si sono aggiunti anche gli aspetti professionali.
Ho iniziato a lavorare dopo il diploma di maturità, affrontando i lavori più
umili. Un’esperienza che parte dal mondo dell’industria per giungere ora a
quello dei servizi alle aziende; vent’anni di lavoro importanti, ai quali devo
molto. Oggi sento di essere un grintoso, ottimista e indisciplinato giramondo;
ogni giorno mi sveglio e penso ai miei progetti come se avessi davanti
cent’anni di vita. Da Lecco, la mia città d’origine, le mie scelte mi hanno
portato a continui spostamenti: nove anni a Torino, altrettanti a Rimini ed un’altra
manciata a Roma; questi spostamenti sono stati conditi, nel mezzo, da altri viaggi
in tutto il mondo. A breve mi trasferirò in modo stabile nel Regno Unito per
lanciarmi in nuove sfide. Come dico spesso: “una vita con la valigia in mano”. Quando
la gente mi domanda: “Simone, di dove sei?”, io non so più cosa rispondere;
confesso però che mi piace così. Non potrei immaginare che il mio tempo si
consumi in una routine priva di prospettive. La vita stessa cambia nel corso
del tempo, ma io amo giocare d’anticipo e causare i cambiamenti, amo decidere e
guidare ogni cosa che mi riguardi. Devo dirti una cosa importante: negli ultimi
anni sento anche una voce interiore che continua a dirmi questa frase: “Muoviti
Simone, combina qualcosa!”. Dopo una breve pausa mi dice: “Che sia qualcosa di grandioso!”.
Questa voce interiore mi chiede di scrivere più di un romanzo: mi ricorda di scrivere
ogni giorno la storia della mia vita e mi chiede di farlo con impegno. Il lavoro
e i rapporti umani sono i contesti di partenza, che richiedono la cura di ogni dettaglio.
Mi arrabbio quando vedo tanta approssimazione nelle varie professioni. Ogni
cosa deve essere fatta a regola d’arte, come se la si stesse facendo per una
persona che sia ama.
Il tuo romanzo è stato appena pubblicato. Ce ne parli?
Mi sono accorto che sono più bravi gli altri, i
lettori intendo, a presentare il mio romanzo. Amo ascoltarne i commenti ed è
incredibile quando menzionano aspetti e concetti che non eri certo di aver
fatto giungere al destinatario; in quel momento ti accorgi di esserci riuscito
e provi tanta soddisfazione. Alcuni scrittori recitano la parte degli “artisti
fuori dal mondo”, che scrivono per sé stessi e non interessati ai giudizi degli
altri. Io non ci credo. Noi tutti viviamo di consenso ed il consenso dei
lettori, a chi scrive, interessa sempre; certo, non si può piacere a chiunque e
anche questo va compreso e accettato.
Tornando dunque alla tua domanda sul romanzo, quando
mi chiedono di cosa si tratti, rimango in silenzio e sospirando mi viene la
tentazione di rispondere: “Dai forza, leggilo!”. Del resto io almeno mi sono
impegnato a scriverlo. Replicare in questo modo è comodo e un po’ caustico, seppure
aderente al mio stile; però tengo all’opinione dei lettori e anche ad
annoverarne di nuovi, quindi devo provare a dire qualcosa di più! È una storia molto
semplice. Mi piace dire che è la vita stessa, con le sue più note difficoltà e
vicende interpretate da personaggi comuni; siamo tutti presenti nel romanzo, soprattutto
con i nostri difetti. Troviamo il ricco e il povero, l’invidioso, l’arrivista, la
moglie infelice e il marito prepotente, troviamo la nostra stessa persona con
sogni e speranze e non mancano le nostre battaglie quotidiane. Troviamo tutto
ciò a cui siamo abituati, inclusa quella sensazione di vuoto che talvolta ci
assale e una felicità che fatica a sbocciare. Nel corso della storia scopriamo
che ogni uomo ha qualcosa per cui soffrire e che non abbiamo bisogno di
invidiare l’apparente felicità degli altri; gli altri piuttosto, diventano i
nostri compagni di viaggio, alleati preziosi in un mondo difficile. La trama si
fa ben presto un po’ bizzarra e con qualche colpo di scena, si risolve in un
piccolo miracolo finale che fa un po’ sperare e un po’ sognare. Così come
specifico in una nota introduttiva al romanzo, i miracoli sono qualcosa di semplice,
così semplice che il più delle volte non li si riconosce neppure. Un miracolo
non è un gioco di prestigio, bensì la nostra stessa capacità di cambiare ora,
con piccoli gesti, la nostra vita e quella degli altri. Negli ultimi capitoli
in tal senso emerge un messaggio illuminante, ma un lettore poco paziente o
distratto potrebbe non coglierne l’importanza.
Come e quando è nata la tua passione per la scrittura?
Avevo dieci anni e stavo passeggiando
con mia madre per le vie più centrali di Lecco, la mia città d’origine. Nella
vetrina di una libreria vidi un saggio riposto su uno scaffale con ritratto il
volto di un uomo; scoprii in seguito che era il volto di Hermann Hesse in età
matura, solcato da innumerevoli rughe espressive e carico di energia positiva. Quel
volto mi trasmetteva sicurezza, era come se quell’uomo mi stesse guardando
dritto negli occhi per comunicarmi qualcosa di importante. Non ero mai stato
attratto dai libri prima di allora. Chiesi a mia madre di comprarlo e… la mia
vita cambiò! Ero soltanto un bambino ma quel saggio fu catalizzatore di una
serie di processi interiori.
Dopo la prima lettura, lessi ben
presto tutto quanto vi potesse essere di tradotto in lingua italiana di Hermann
Hesse. Da lì si ramificarono in seguito altre scelte, mi avvicinai a Goethe,
Kafka, Dickens, Manzoni, ma rimanendo pur sempre rigidamente circoscritto ai
classici della letteratura. Fu così che anche il desiderio di scrivere mi
travolse, come spesso accade ai lettori accaniti. Ero molto giovane ed iniziai ispirandomi
a questi grandi maestri. Quando si inizia a scrivere e si è ragazzini, spesso le
prime stesure sono emulazioni volenterose. Scrivevo lettere, pagine di diario, tentativi
di romanzo che divennero racconti più o meno brevi. La cosa più importante però
non era quanto o come scrivessi ma piuttosto come iniziai a sentirmi, come
iniziai a percepire me stesso: in quel momento sapevo di non poter essere altro
che uno scrittore. Con precoce intuizione compresi proprio a quel tempo che
qualsiasi professione non avrebbe mai potuto ben rappresentare la mia vera
identità come quella dello scrittore; fu una vera e propria vocazione, quelle
cose che si sentono nel petto, simile all’amore per le donne o a ciò che
immagino provino i seminaristi per Dio.
Viviamo in un paese, l’Italia, sempre agli ultimi posti in Europa per numero di lettori. Cosa potrebbe essere utile, a tuo parere, per incentivare la lettura?
Credo che non esistano rimedi o iniziative che possano cambiare questi dati. Esistono dei motivi e andrebbero indagati con spirito scientifico, compresi e rispettati; ma anche questo non servirebbe a cambiarne il risultato. Sono molte e differenti le ragioni che portano le persone a non leggere; si può dire in generale che abbiano scelto più o meno passivamente di non farlo: la vita e i media hanno generato la loro oziosa posizione mentale. Vincono su di loro tutti quei sistemi che non richiedono partecipazione attiva; meccanismi come quelli degli elettrostimolatori per i muscoli del corpo: niente sport, ti siedi e le scosse elettriche dovrebbero fare al tuo muscolo ciò che tu non hai voglia di fare allenandoti. Ecco: senza addentrarci in analisi troppo complesse, io dico che la cosa grave è questo ozio mentale. Accade poi che chi non legge, non pensa neppure e un popolo che non pensa è un popolo privo di libertà: questo è il problema fondamentale alla fine, non la crisi delle case editrici! Forse dunque, per incentivare la lettura bisognerebbe far comprendere con pazienza che un uomo che legge e decide in autonomia ciò che vuole leggere è un uomo libero. Io lavorerei sui giovani, sui bambini; a partire dalle scuole elementari potremmo spiegare ai bambini che la loro libertà è il valore più importante su cui si andrà a fondare la loro vita e che leggere e acquisire una capacità critica è in tal senso imprescindibile.
Viviamo in un paese, l’Italia, sempre agli ultimi posti in Europa per numero di lettori. Cosa potrebbe essere utile, a tuo parere, per incentivare la lettura?
Credo che non esistano rimedi o iniziative che possano cambiare questi dati. Esistono dei motivi e andrebbero indagati con spirito scientifico, compresi e rispettati; ma anche questo non servirebbe a cambiarne il risultato. Sono molte e differenti le ragioni che portano le persone a non leggere; si può dire in generale che abbiano scelto più o meno passivamente di non farlo: la vita e i media hanno generato la loro oziosa posizione mentale. Vincono su di loro tutti quei sistemi che non richiedono partecipazione attiva; meccanismi come quelli degli elettrostimolatori per i muscoli del corpo: niente sport, ti siedi e le scosse elettriche dovrebbero fare al tuo muscolo ciò che tu non hai voglia di fare allenandoti. Ecco: senza addentrarci in analisi troppo complesse, io dico che la cosa grave è questo ozio mentale. Accade poi che chi non legge, non pensa neppure e un popolo che non pensa è un popolo privo di libertà: questo è il problema fondamentale alla fine, non la crisi delle case editrici! Forse dunque, per incentivare la lettura bisognerebbe far comprendere con pazienza che un uomo che legge e decide in autonomia ciò che vuole leggere è un uomo libero. Io lavorerei sui giovani, sui bambini; a partire dalle scuole elementari potremmo spiegare ai bambini che la loro libertà è il valore più importante su cui si andrà a fondare la loro vita e che leggere e acquisire una capacità critica è in tal senso imprescindibile.
Progetti di “scrittura” per il futuro? Altri libri vedranno la luce?
Per il futuro? Certo, anzi, anche
per il presente! Sto lavorando ad un romanzo che si riallaccia a “I segreti di
Rue de Bourg 66”. Non è un vero e
proprio sequel ma c’è una certa coerenza e continuità concettuale tra le due opere.
Sto provando a costruire il tutto in modo da appagare i lettori affezionati al
primo, che troveranno alcune risposte importanti in questa seconda opera, ma
pur costruendo un romanzo che possa venir letto senza necessariamente conoscere
“I segreti di Rue de Bourg 66”
Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Sempre a proposito di scrittura, quali generi preferisci? E quali autori?
Potrei parlare ore di questo
argomento. Da ragazzino amavo solo i classici della letteratura tedesca e
inglese, nonché il nostro grande maestro italiano: Alessandro Manzoni. Ero
anche piuttosto rigido e critico. Crescendo ho imparato a spaziare a rendere
più grezzo e popolare anche il mio gusto. Soprattutto, direi, sono cambiato e
così i miei gusti letterari insieme a me: sono diventato un lettore egoista. Ho
iniziato anche a leggere ed abbandonare un romanzo quando ritenevo che mi
avesse dato uno spunto sufficiente per immaginare, creare, fantasticare per mio
conto. Oggi cerco intesa mentale con l’autore, cerco spunti per andare a mia
volta oltre i concetti stessi che leggo. E’ un po’ complicato forse da spiegare,
ma non è un modo tradizionale di affidarsi alla lettura. In generale comunque vorrei dire che quando
ero un adolescente apprezzavo autori con un linguaggio forbito e uno stile
espressivo raffinato. Oggi preferisco autori con un linguaggio popolare, forte
e con sapiente volgarità; queste abilità sono molto rare però. Non è semplice
calibrare la giusta dose di volgarità espressiva, che possa intrattenere,
divertire e narrare con un certo verismo, senza però offendere o disgustare i
lettori. Oggi cerco e ammiro autori di questo tipo e forse io medesimo vorrei
essere proprio così. Amo uno stile semplice e disinvolto; il lessico forbito mi
nausea.
Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con Edizioni Creativa?
Edizioni Creativa è un editore speciale. Inutile che io racconti le innumerevoli esperienze o approcci negativi con altri editori. Edizioni Creativa mi è sembrato, sin dai primi contatti, un editore di altri tempi per certi aspetti. Ciò che mi ha sedotto maggiormente però di questo Editore è la chiara e diretta sensazione che ho provato anche conoscendo il direttore Gianluca Ferrara e Fabiola D’Agostino: sono persone libere! Persone libere fondano una casa editrice libera. In tal senso ritengo che “Dissensi – Edizioni Creativa” sia un esempio degno di grande stima nel panorama dell’editoria italiana. Inutile aggiungere molti commenti, un editore libero è l’editore che fa per me.
Di là della scrittura, hai altri progetti?
Per gli autori non è sempre facile trovare degli editori che fanno bene il loro lavoro. Ci parli del tuo rapporto con Edizioni Creativa?
Edizioni Creativa è un editore speciale. Inutile che io racconti le innumerevoli esperienze o approcci negativi con altri editori. Edizioni Creativa mi è sembrato, sin dai primi contatti, un editore di altri tempi per certi aspetti. Ciò che mi ha sedotto maggiormente però di questo Editore è la chiara e diretta sensazione che ho provato anche conoscendo il direttore Gianluca Ferrara e Fabiola D’Agostino: sono persone libere! Persone libere fondano una casa editrice libera. In tal senso ritengo che “Dissensi – Edizioni Creativa” sia un esempio degno di grande stima nel panorama dell’editoria italiana. Inutile aggiungere molti commenti, un editore libero è l’editore che fa per me.
Di là della scrittura, hai altri progetti?
Si, molti; anche troppi direi. Ho
progetti che riguardano il mio lavoro, la scrittura e anche un grande sogno.
Qualcuno dice che se si mette una data vicino ad un sogno, questo diventa un
obiettivo. Io l’ho fatto. Mi sento come un grande camion con i freni di una
bicicletta! Ho tanta energia ed entusiasmo. Tra pochi giorni mi trasferirò nel
Regno Unito e avrò nuovi spunti e progetti che invaderanno con forza la mia
vita privata, professionale e la mia grande passione: la scrittura.
Infine,
com’è che hai deciso di accettare questa intervista per il mio blog, visto che
lo leggono solo i miei amici?
Magari hai centinaia di migliaia di amici e questo
gioverà alle vendite del mio romanzo! Ah ah! Lasciami scherzare un po’ Matteo…
È un piacere e un onore che i tuoi amici leggano la
mia intervista; anzi, colgo l’occasione per ringraziarli. Sono queste
interazioni che tengono vive le menti delle persone, che creano continui
stimoli, che fanno vivere in modo attivo ed alimentano il confronto. Quando ti ho conosciuto ho sentito una certa
affinità dialogando con te; anche questo è stato importante.
Un sentito ringraziamento per questa intervista e a
molto presto!